Domenico Rosati, già presidente nazionale delle Acli e senatore DC dal 1976 al 1992 ha recentemente pubblicato un libro che merita alcune riflessioni: I cattolici e la politica – potere e servizio nello spazio pubblico.
Il libro contiene una critica impietosa riguardo l’ultimo ventennio segnato dal connubio “ruinismo” e “berlusconismo” e coincidente con la Seconda Repubblica. Connubio che, a suo dire, sul piano culturale ha rinchiuso i credenti in una dottrina autosufficiente ed inadatta a decifrare i segni dei tempi (ansa nov.2014). L’avvento di Papa Francesco, la sua pedagogia della misericordia e dell’opzione preferenziale per i poveri finalmente, ha spezzato quell’incubo notturno ossessionato dalla rivendicazione dei principi non negoziabili, del Family Day, del referendum sulla procreazione assistita e delle posizioni contro i Gay Pride, temi cari ad una parte di cattolici compiacente appunto alle gerarchie ecclesiastiche; mentre l’altra parte, quella dei cattolici adulti alla Romano Prodi e Rosy Bindi rivendicava piena autonomia decisionale sui temi eticamente sensibili: dai DAT ai DICO, tanto per ricordare le grandi questioni etiche dibattute nel governo Prodi 2006-2008.
La tesi di fondo del libro riguarda la presenza dei cattolici in politica, il ruolo pubblico che ha la Chiesa, sia come popolo che come istituzione, in altre parole dell’autonomia tra politica e fede, tra laicato e clero, da cui deriva anche un nuovo stile di presenza cristiana nella res publica inaugurato dal papato di Francesco.
Infatti, la stagione della doppia morale guidata dall’interventismo della CEI ruinista e caratterizzato dalla strenua lotta sui principi non negoziabili, a scapito della corruzione morale in seno alla destra berlusconiana e all’aumento delle ingiustizie sociali, sarebbe stata chiusa con l’inaugurazione del nuovo Papa della stagione della chiesa povera tra i poveri con la sua pedagogia della misericordia, dalla quale dovrebbe derivare una politica della misericordia. Ne consegue che l’agenda di questa nuova presenza non dovrebbe più avere una gerarchia valoriale, ma come priorità equivalenti tanto la salvaguardia della dignità umana quanto (se non soltanto) l’importanza di eliminare le ingiustizie sociali e l’emancipazione delle classi povere.
Secondo il senatore, perciò, è finita la stagione dell’assillo del risultato il cui unico criterio era la priorità dei principi/valori non negoziabili rispetto ad altri reputati meno decisivi, e causa di confusione all’interno del mondo cattolico e ostacolo per il confronto con posizioni etiche differenti.

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Ma davvero in Italia “si avverte che è esaurito il ciclo del negoziato con un potere ritenuto disponibile ad assorbire la pressione cattolica concentrata sui valori non negoziabili (bioetici e non solo) e che l’ha distolta dalla questione morale emersa nel ventennio?
Se è vero che il potere non assorbe più la pressione cattolica concentrata sui valori non negoziabili, ciò non giustifica che i cattolici stessi diventino impermeabili quanto il potere mondano.
Per quanto riguarda la questione della legittimità della Chiesa di intervenire nello spazio pubblico, e del suo diritto-dovere di assistere l’uomo nel cammino di salvezza in tutte le relazioni sociali, si rimanda al Compendio della DSC (cDSC), in particolare al secondo capitolo “missione della Chiesa e Dottrina Sociale”.
Invece, sullo stile e la presenza dei cristiani nella società al capitolo dodicesimo “Dottrina sociale e azione ecclesiale”, dal punto 527 il Compendio afferma che “dall’esigenza di promuovere l’integrale identità dell’uomo scaturisce la proposta di quei grandi valori che presiedono ad una convivenza ordinata e feconda: verità, giustizia, amore, libertà”. E La testimonianza della verità sull’uomo chiede la tutela del carattere trascendente della persona umana, principio cardine della DSC, dal concepimento alla morte naturale.
Altro concetto fondamentale del cDSC è quello del servizio. Dai punti 551-574 sono evidenziati i principali ambiti in cui al fedele laico viene richiesto di servire come espressione della carità: alla persona umana (pp. 552-553); alla cultura (pp.554-562); all’economia (pp.563-564) e alla politica (565-574).
Chiariti gli orientamenti a cui i cristiani laici devono ispirare la loro azione politica (p.565) in una logica di diaconia nella storia (Benedetto XVI), il Compendio riconosce che il contesto attuale è segnato da un sistema democratico concepito in chiave agnostica e relativistica, ed indica nella triplice e inscindibile fedeltà ai valori naturali, morali e soprannaturali, alcuni fondamentali criteri di discernimento (p.569).
Questo punto introduce alla spinosa questione dei principi non negoziabili, dell’azione e della presenza dei cristiani in politica (pp.571-574). E’ il nodo centrale del libro di Rosati il quale sostiene il passaggio da una “Chiesa protagonista sociale alla Chiesa del dialogo sociale”, intendendo con ciò l’abbandono di posizioni ormai superate dai segni dei tempi e tanto da sostenere “il superamento dell’esperienza di due pontificati – quello di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – imperniati sul primato della dottrina come piattaforma di una presenza sociale (e politica) della Chiesa; insomma una Chiesa meno prescrittiva e più caritatevole!


E’ significativo il passaggio relativo alla “triplice e inscindibile fedeltà” ai valori naturali, morali e soprannaturali soprattutto in merito alle questioni etiche che Rosati cita riguardo un documento presentato dai cattolici del PD all’Assemblea Nazionale del 2012, a seguito delle vicende dico, procreazione assistita e fine vita e frutto di mediazione tra esigenze etiche differenti interne al partito che doveva equilibrare la “lotta per i diritti personali” con il “rifiuto di ogni pratica degradante l’umanità”, denunciando però maggior apertura al dialogo da chi non aveva riferimenti religiosi, piuttosto che dai difensori delle dottrina (i tanto odiati “teocon”).
Ebbene, con Papa Francesco il cortile dei gentili è più gentile che con Papa Benedetto XVI?
Per rimanere sui temi citati dall’autore, Francesco delinea in maniera piuttosto chiara, anche se non diretta, quale sia la sua posizione in merito alla famiglia e alle questioni bioetiche.
Nella sua prima enciclica, la Lumen Fidei, Francesco puntualizza l’importanza della trasmissione della fede e dei Sacramenti ponendo come primo soggetto primario di tale opera la famiglia che “accompagna tutte le età della vita”. E’ significativo che ne parli nel quarto capitolo in cui mette in relazione la fede al bene comune:
“assimilata e approfondita in famiglia, la fede diventa luce per illuminare tutti i rapporti sociali. Come esperienza della paternità di Dio e della misericordia di Dio, si dilata poi in cammino fraterno” (p.53). Per Francesco, al pari dei suoi predecessori, la famiglia è l’essenza della società e nella catechesi delle ultime udienze generali lo ribadisce quando afferma che “una società senza madri sarebbe una società disumana” (07.01.2015); “La gioia dei figli fa palpitare i cuori dei genitori e riapre il futuro. I figli sono la gioia della famiglia e della società. Non sono un problema di biologia riproduttiva, né uno dei tanti modi di realizzarsi. E tanto meno sono un possesso dei genitori”. (11.02.2015); “forse non sempre ne siamo consapevoli, ma è proprio la famiglia che introduce la fraternità nel mondo!” (18.02.2015); “In una civiltà in cui non c’è posto per gli anziani o sono scartati perché creano problemi, questa società porta con sé il virus della morte”
(04.03.2015).
Non meno esplicito è stato di ritorno dalle Filippine riguardo la colonizzazione ideologica e l’ideologia gender che si impone sui popoli.
Altresì, sul tema della procreazione assistita, così come per l’aborto e il fine vita andrebbe approfondito un concetto molto caro e comune nei pronunciamenti dell’attuale Papa: l’ecologia umana connessa all’ecologia ambientale.
In tal senso viene in aiuto il discorso pronunciato lo scorso novembre dal Papa rivolto ai medici cattolici nel quale fa l’elenco degli ambiti in cui si sperimenta la vita ( e una parte di politici cattolici su questo media al ribasso, o tace) per cui esorta i medici a prestare fede al giuramento di Ippocrate e ad applicare l’insegnamento del Magistero sociale della Chiesa nel campo medico-morale: “La fedeltà al Vangelo della vita e al rispetto di essa come dono di Dio, a volte richiede scelte coraggiose e controcorrente che, in particolari circostanze, possono giungere all’obiezione di coscienza”, concetto applicato in ambito politico dalla Congregazione per la Dottrina della Fede presieduta dall’allora card. Ratzinger nel 2002. Questo perché, afferma, “non esiste una vita umana più sacra di un’altra: ogni vita umana è sacra!”.
A conclusione quindi si può obiettare all’autore del libro che Papa Francesco non ha tracciato nessuna discontinuità con il Magistero sociale precedente, specie verso San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, così come non sta operando alcuna scissione o novità tra dottrina e prassi pastorale come certi protagonisti del “cortile dei gentili” descrivono, piuttosto sta modulando il linguaggio della Chiesa e la sua bimillenaria sapienza umanistica al tempo delle relazioni e delle comunicazioni “liquide” rendendole, questo sì, più digeribili. Infatti, a parte per gli esperti di comunicazione, quale discontinua novità c’è tra una denuncia aperta della pratica dell’aborto e dell’eutanasia e l’affermare che questa cultura di morte scarta i bambini e gli anziani?
Ebbene, se il servizio in politica non vuole essere disservizio al Vangelo è necessaria una precisa visione della società che abbia dei fondamenti non mediabili, e per eliminare alla radice le cause della cultura dello scarto non si può prescindere da alcuni principi che fungono da architrave per una retta costruzione della civiltà dell’amore. Perciò, se da un lato è legittimo che i cattolici in politica cerchino soluzioni dialoganti con altre visioni etico-morali con spirito di carità nella verità, è altrettanto doveroso che gli stessi rivendichino una linea di confine invalicabile: il limite di Cesare e della politica di decidere arbitrariamente sulla persona umana in alcune questioni, come la tutela della vita e della famiglia, lasciando a Dio il suo proprio ruolo creatore (e creativo).

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