Uno dei libri che più mi hanno colpito è quello che narra la storia di Giuseppe Castagnetti. Sindaco di Prignano sulla Secchia (MO) dal 1946 al 1959. Un uomo ricco, imprenditore caseario, che formò una famiglia numerosa di dodici figli e diede da lavorare a molta gente nel periodo post-bellico. Fece costruire strade, ponti, addirittura l’acquedotto che tutt’oggi fornisce l’acqua potabile ad oltre 90.000 persone. In quegli anni di totale miseria e in cui le casse dei comuni erano tutt’altro che piene, Castagnetti seppe ricostruire dalle fondamenta una comunità lacerata. Un cattolico chiamato ad essere il sindaco di un comune dentro il triangolo della morte dominato dai partigiani comunisti che perseguitavano cristiani, sacerdoti, seminaristi (come il beato Rolando Rivi).
Ho conosciuto questa figura di santo quando mi recai nella parrocchia di Roteglia, e all’uscita della chiesa trovai una locandina che informava di un incontro su questo sindaco. Così ho chiesto al parroco se mi dava qualche informazione in più – era il tempo del discernimento vocazionale e l’impegno politico rientrava tra le mie più profonde riflessioni – così non solo mi regalò il libro il cui titolo per me è diventato un monito, ma addirittura mi portò a Sassuolo a conoscere una delle sue tante figlie.
Sono molto devoto a questo servo di Dio, figlio spirituale di san Padre Pio, non tanto per le opere che ha realizzato ma per lo stile con cui le ha realizzate tanto da essere stato descritto come una persona scandalosamente generosa. Talmente generosa che calzava i sandali come segno di umiltà, era un uomo ricco che non si risparmiò per aiutare le famiglie della sua comunità, un uomo di successo che al termine della sua vita – dopo aver aiutato migliaia di persone a costruirsi un futuro – morì povero e abbandonato dai colleghi di partito che lo avevano tradito. Un uomo che non si lasciò sedurre dalla brama del potere e dall’avarizia, ma depositò il suo tesoro là dove ognuno di noi aspira di andare: in Paradiso. Ad oggi è in corso il processo di beatificazione.
“Quando lo vedemmo, in pieno inverno, calzare i sandali, cercammo di fargli mettere calze e scarpe: non ci fu verso. Credo che avesse fatto un voto per rimanere umile, perché li calzò dopo essere stato eletto sindaco e li smise quando diede le dimissioni”.
tratto da Pg. 92 del libro –
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