Quando si parla di contrasto al gioco d’azzardo sembra di raccontare la storia di don Chisciotte contro i mulini a vento, eppure è una tragica realtà. Dall’inizio dell’anno gli italiani hanno cercato la fortuna nel sistema delle scommesse per oltre 4 miliardi e mezzo di €. Più del 30% rispetto al 2014. E nel dato non è inserito quello delle slot machine e delle video lottery il cui giro d’affari ammonta a 84miliardi di € secondo il rapporto Coop2015.
Secondo l’annuale relazione al Parlamento del Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio, le popolazione italiana che si stima abbia giocato d’azzardo con vincite in denaro nei dodici mesi precedenti la relazione è pari al 54%, ovvero 1 su 2. Di questi il Dipartimento stima dai 700mila ai 2milioni i giocatori “problematici”, coloro cioè che giocano frequentemente ma non hanno ancora sviluppato una forma patologica che coinvolge invece tra i 300mila e il milione di italiani. Chiaramente, pur nella variabilità delle stime a causa della mancanza di dati statistici precisi, il fenomeno sociale del “gambling” è enorme.
La ludopatia non riguarda solamente la popolazione adulta, un indagine conoscitiva del DPA negli anni 2012-2013 ha rilevato la pratica del gioco d’azzardo nel 49% degli intervistati della popolazione studentesca tra i 15 e i 19 anni, di cui un 10% è composto da giocatori “problematici” e “patologici”.
Chi conosce il settore non si stupisce se anche tra i giovanissimi il gioco d’azzardo è molto diffuso: l’ampliamento dell’offerta on-line e delle app per smartphone ha favorito una diffusione massiccia. Non solo: la pubblicità che invita a scommettere e a giocare rimane massiccia. Secondo Di Maio e il M5S la battaglia è culturale e per questo hanno chiesto con un emendamento alla Legge di Stabilità di vietarne la pubblicità che ha raccolto adesioni da 130 parlamentari. Ma sarà sufficiente o si assisterà all’ennesimo bluff governativo che ogni anno, di qualsiasi colore sia, prima annuncia e poi fa marcia indietro?
D’altro canto Renzi ha promesso che “con il nostro Governo saranno ridotti a quindicimila i punti gioco. E segnatamente i bar con le macchinette verranno ridotti: da seimila potranno essere al massimo mille”. Poco importa se poi si digita su internet “slot machine” o “scommesse” e si viene subito invitati a giocare dagli annunci.
Ma ad un’interrogazione parlamentare da parte di Giovanni Paglia (Sel) al Viceministro all’economia Morando emerge che per lo Stato l’introito derivante dai soli “gratta e vinci” ammonta a circa 1miliardo e 500milioni l’anno, numeri difficili a cui rinunciare.
La situazione è drammatica, tanto che il Sottosegretario all’Economia con delega ai giochi Pier Paolo Baretta ha ammesso che “sull’azzardo negli ultimi 7-8 anni ci è scappata di mano la situazione”. Per questo, secondo l’on. Eugenia Roccella componente della Commissione Affari Sociali alla Camera non è sufficiente ridurre i punti gioco, ma “per scoraggiare il gioco è necessario agire sul piano della delegittimazione culturale” come si è fatto per il fumo. I divieti quindi non bastano.
Ma quali sono le origini della ludopatia? Quando il gioco diventa patologico? Quale il contesto socio-economico più favorevole alla diffusione del gioco d’azzardo? Come intervenire rispetto a questa dipendenza?
Di questo argomento se ne parlerà al teatro parrocchiale di Povegliano Veronese sabato 5 ottobre alle 20.45. In occasione della Mostra del Libro 2015 interverrà infatti il dott. Cesare Guerreschi, psicologo e psicoterapeuta fondatore della comunità terapeutica S.I.I.Pa.C ed autore del libro “Non è un gioco” edito da San Paolo.

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