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<< Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e mammona>>. Questi versetti del Vangelo di Matteo introducono la rubrica “il testimone” che inizia con l’esempio di s. Tommaso Moro, patrono dei politici e dei governanti.
Sir Thomas More nasce a Londra nel 1478, agli albori dell’evo moderno. Avviato agli studi umanisti e giuridici fin da giovane, dopo un periodo di discernimento, More si avvia ad una strabiliante carriera nel Regno d’Inghilterra di Enrico VIII. Il fondatore del Rinascimento Inglese è contemporaneo a Niccolò Macchiavelli, ma agli antipodi per filosofia e pratica politica. Al “Principe” del Macchiavelli infatti, More oppone la sua opera più celebre: Utopia.
Nel 1503 indossa già la toga, tra il 1504 e il 1515 viene nominato parlamentare della Camera dei Comuni e inviato come ambasciatore nelle Fiandre, poi nominato speaker della Camera nel 1523. Grazie alla sua autorevolezza e personalità solare, riesce a gettare uno dei principi fondamentali delle future democrazie: l’immunità parlamentare e la libertà di parola all’interno di Westminster. Sir More ha una fede incrollabile alimentata dai sacramenti, una fede che viene messa alla prova nel 1532 quando il Re decide di riesumare un antico editto reale per far leva sul sentimento isolazionista britannico, chiedendo ed ottenendo obbedienza ed autorità assolute dai vescovi e dal popolo inglesi; ad eccezione del vescovo Fischer, di altri religiosi e di Tommaso Moro nel frattempo nominato Lord Cancelliere nel 1529.
Lo scontro tra il “Principe” del Macchiavelli e il marinaio protagonista de “Utopia” giunge al drammatico epilogo del martirio. Con coraggio infatti rifiuta di assistere all’incoronazione dell’amante del re Anna Bolena, miccia scatenante dello scisma anglicano da Roma. Nella “Città di Dio” di s. Agostino si legge che <<è l’amore di Dio a fare Gerusalemme; e l’amore del mondo a fare Babilonia>>. More sceglie Gerusalemme. Certo che una legge parlamentare non può validamente obbligare nessuno a rivelare il proprio pensiero, né a prestare giuramento di sottomissione ad alcunché si rinchiude nel silenzio, ma viene arrestato con l’accusa di misprision of treason, ovvero mancata denuncia di tradimento. Imprigionato nella Torre di Londra nel 1534, la Bell Tower diventa la “camera intima dell’anima” descritta nelle Confessioni di sant’Agostino, e scrive la sua ultima opera meditando Gesù al Getsemani con il De Tristitia Christi.
Thomas More ancora oggi è ricordato dagli stessi inglesi come un martire di opinione, decapitato il 6 luglio 1535 per essere rimasto fedele a sé stesso e a Dio, senza cedere al potere dispotico che vuole imporre la propria supremazia assoluta nel corso della storia.
La testimonianza di s. Tommaso Moro getta luce di speranza contro le avanzate tiranniche che provengono da oriente con l’islamismo, e da occidente con la gender-crazia. Il pensiero unico che si è voluto imporre sul martire inglese è il medesimo che oggi guida il nuovo partito radicale di massa sotto l’egida della mezza luna colorata d’arcobaleno, e che pretende giuramento di supremazia sulle masse obese di opulenza.
Non è un caso se la nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, del 2002, esordisce proprio con l’elevare a modello di testimonianza san Tommaso Moro per aver affermato col suo martirio che <<l’uomo non si può separare da Dio, come la politica dalla morale>>.
Il primato della coscienza testimoniato da questo santo interroga nell’intimo il lettore circa il suo comportamento nella vita sociale e politica.
C’è chi salva la propria vita ma perde l’anima, e chi sceglie di perdere la vita ma guadagna l’eternità; sta nella naturale libertà di ciascuno decidere se Gerusalemme o Babilonia.
Dedicato ad Asia Bibi e a tutti i martiri d’Iraq, Siria, Nigeria.