Tutti gli esperti di analisi politica e sociale sono concordi da tempo nel confermare un progressivo aumento del divario tra cittadinanza e rappresentanza politica. Ad ogni tornata elettorale il primo partito è proprio quello degli astenuti. Ma l’astensione al voto è forse sinonimo di astensione dalla partecipazione alla vita politica? Alla luce delle recenti e prossime vicende elettorali sia estere che italiane pare di no. Basta dare uno sguardo alle bacheche dei social network per capire che l’interesse per la politica e le vicende del proprio Paese, comune o quartiere che sia, sono tutt’altro che fuori dai pensieri dei singoli. Un esempio su tutti possono essere i crescenti gruppi di cittadini che nascono attorno a specifici temi, come la sicurezza del quartiere o più ampiamente la vita dello stesso. Va pure detto che interessarsi del Bene Comune è ben altro e va ben oltre il semplice “controllo sociale” di vicinato, o la partecipazione di gruppi del tipo “sei di Verona se…”. Ma che cosa dice la Dottrina Sociale della Chiesa in merito alla democrazia e alla partecipazione dei cristiani alla vita sociale e politica?
La IV parte del VIII capitolo del Compendio la Chiesa parla compiutamente del sistema della democrazia, a partire soprattutto da Centesimus Annus p.46: “La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno” ma avverte: “un’autentica democrazia è possibile soltanto in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana”.
Uno dei rischi più gravi per il retto funzionamento di tale sistema è il relativismo etico che “induce a ritenere un criterio oggettivo e universale per stabilire il fondamento e la corretta gerarchia dei valori”. Lo si nota in questa stagione in cui da un lato si rivendicano e concedono nuovi diritti, ma i conflitti sociali anziché diminuire aumentano e la partecipazione alla vita democratica crolla in tutti i suoi livelli. Perché?
Se viene meno la sussidiarietà attraverso la “disintermediazione dei corpi sociali” (Renzi dixit), e se il relativismo etico favorisce le rivendicazioni individualistiche perdendo quella forte tensione morale in vista del Bene Comune, è chiaro che la partecipazione dei singoli e dei gruppi alla vita comunitaria viene compromesso. Perciò “meritano una preoccupata considerazione tutti gli atteggiamenti che inducono il cittadino a forme partecipative insufficienti o scorrette e alla diffusa disaffezione per tutto quanto concerne la sfera della vita sociale e politica (cfr. p.191).
Disintermediazione dei corpi sociali e individualizzazione del bene comune – tanto da indurre il più recente linguaggio a parlare di “beni comuni” – va ad intaccare anche la solidarietà tra persone generando ciò che Papa Francesco denuncia costantemente: la cultura dello scarto. E la cultura dello scarto non è che la conseguenza di quello Stato che promuove, insegna o addirittura impone, forme di ateismo pratico, sottrae ai suoi cittadini la forza morale e spirituale indispensabile per impegnarsi nello sviluppo umano integrale e impedisce loro di avanzare con rinnovato dinamismo nel proprio impegno per una più generosa risposta umana all’amore divino” (Benedetto XVI in Caritas in Veritate n.29).
Tuttavia, a prescindere dal sistema di governo presente in un dato tempo storico, la Chiesa ricorda che “tutti i cristiani devono prendere coscienza della propria speciale vocazione nella comunità politica; essi devono essere d’esempio, sviluppando in sé stessi il senso di responsabilità e la dedizione al bene comune; così da mostrare con i fatti come possano armonizzarsi l’autorità e la libertà, l’iniziativa personale e la solidarietà di tutto il corpo sociale, la opportuna unità e la proficua diversità” (Gaudium et Spes p.57-l).
Collaborare alla costruzione della civiltà dell’amore è un compito di tutti i cristiani chiamati ad ordinare le cose temporali a Dio, e per cui nessuno può sottrarsi. Già San Giacomo lo ricordava alle prime comunità che la fede senza le opere è morta (Gc2,26), e ciò dovrebbe far riflettere ogni cristiano poiché se rientra tra le opzioni possibili l’astensione al voto, ciò non esime dall’astenersi alla costruzione di una società ordinata a Cristo.
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