Tra chi giustifica il presunto diritto all’aborto spesso si asserisce che la motivazione economica pesa in modo determinante: come si può mantenere un figlio così giovane? E in solitudine? Senza un lavoro, o con un lavoro precario? Come si può procurare felicità al figlio/a se non si hanno nemmeno i mezzi per sopravvivere?
In effetti chi oggi pensa di mettere al mondo figli generalmente è come se chiedesse: “datemi la povertà”. È una questione che tocca tutte le giovani coppie italiane di oggi.
Parliamo di numeri.
In un Comunicato di Federconsumatori dello scorso marzo che commenta i dati ISTAT sulla natalità in Italia si denuncia che: «crescere un figlio è una scelta estremamente impegnativa, non solo ovviamente dal punto di vista umano, ma anche economico. L’elevato tasso di disoccupazione giovanile incide in maniera determinante su tale scelta, costringendo molte coppie a rimandare o a rinunciare ad avere figli fino a quando la loro condizione economica non si stabilizzerà».
La stima per chi festeggerà i natali dell’anno 2017 è che per il primo anno di vita dovrà sborsare una cifra tra i 7.000 e i 15.000 €. Il costo di un’auto di media qualità. Lo stipendio di un operaio part-time a 4 o 6 ore.
Oltre ai costi post-nascita ci sono ovviamente quelli pre-natale. Sempre Federconsumatori su dati ISTAT dichiara che la cifra si aggira intorno ai 2.000 €. Qui l’indagine si fa più empirica poiché lo scrivente ne sa qualcosa. Facciamo due conti:
– Passeggino trio 700,00 € c.a.;
– seggiolino auto 500 € c.a.;
– fasciatoio 150 € c.a.;
– primi vestiti 200 € c.a.;
– primi prodotti per l’igiene e la cura 100 € c.a.;
– vari esami in gravidanza + ecografie in ambulatorio privato + corso pre parto etc. 850 € c.a.;
Totale approssimativo € 2500,00.
Inoltre tra i costi va considerato anche l’aspetto lavorativo. I 150 giorni di maternità obbligatoria costano il 20% dello stipendio e se si opta per la maternità facoltativa il costo sarà del 70%.
Si consideri infine che il tasso di disoccupazione si mantiene oltre il 10% ed è ormai raro sentire famiglie in cui entrambi hanno un lavoro, o un lavoro stabile. Per cui oltre al figlio a carico spesso accade che ci sia anche un familiare a carico.
Per ragioni di sintesi, si tralascia la questione dei parenti, i nonni, che – per chi ha la fortuna di averli a disposizione sono uno sgravio non indifferente di costi – altrimenti vanno considerate le spese di baby – sitting ed asilo nido.
Si tralascia anche la considerazione che la stima per mantenere un figlio fino ai 18 anni di età in una famiglia a fascia di reddito medio, si aggira intorno ai 170mila €. Chi concepisce oggi ipoteca un mutuo ventennale. È chiaro il rapporto povertà-figli.
La Caritas italiana nel suo rapporto 2016 sulla povertà denuncia: «In Italia − secondo i dati Istat − vivono in uno stato di povertà 1 milione 582 mila famiglie, un totale di quasi 4,6 milioni di individui. Si tratta del numero più alto dal 2005 ad oggi». Riguarda in particolare famiglie con uno o più figli minori, italiane o straniere, o nuclei in cui uno dei due è in cerca di occupazione o ha un lavoro precario. Non solo, ma «oggi la povertà assoluta risulta inversamente proporzionale all’età, diminuisce all’aumentare di quest’ultima» – aggiunge il rapporto – ovvero più si è giovani e più si rischia la povertà, se non assoluta almeno relativa.
I giovani sono il futuro si sente sempre dire. Ma il futuro appare loro bruciato, come asserisce un recente articolo apparso su Verona Fedele in tema di indipendenza giovanile sulla base di uno studio della Fondazione Visentini: «Se, cioè, un giovane di vent’anni nel 2004, per raggiungere l’indipendenza, doveva scavalcare un “muro” di 1 metro, nel 2030 quel muro sarà alto 3 metri e dunque invalicabile».
Insomma, se proprio vogliamo abbattere i muri dell’inequità, iniziamo a dare un futuro alle giovani generazioni creando le condizioni per essere adulti nel tempo in cui potrebbero diventare madri e padri e generare, a loro volta, futuro.