Ieri sera mia figlia si stava per addormentare. Ad un tratto giro su un canale in cui si vede Licia Colò al Parco Giardino Sigurtà. Mia figlia balza in piedi ed urla: «ma è il Sigurtà! Perché non possiamo più andare a fare un picnic?». Le ho risposto che delle persone hanno deciso che dobbiamo restare a casa perché c’è il virus. Non possiamo andare al parco Sigurtà, giocare al parco giochi, andare asilo, passeggiare, fare un giro in bici. Possiamo solo giocare a casa.

Mia figlia incalza: «Quando va via il virus possiamo andare a fare un picnic con le mie amichette?». «Certo figlia mia» rispondo. E lei perentoria sentenzia: «Quando compio gli anni organizziamo una grande festa!». Ho pianto.

Di fronte alle incomprensibili scelte imposte senza aver immaginato alternative al chiudere tutto con la bugia che domani andrà meglio; in mezzo alla narrazione mediatica che sottolinea soltanto la morte per vaccini e creano grande confusione; di fronte al quadro orribile di un immaginario collettivo intriso di morte, disperazione, paura; devo spiegare a mia figlia che stare al parco, passeggiare, andare in bici, giocare, è oggi un atto pericoloso ed eversivo. Un male morale che i bambini non possono permettersi.
Grazie a Dio non ho dovuto usare parole, non ho dovuto esprimere ciò che davvero penso. Ma tutto si è risolto in un abbraccio. Mia figlia si riaccomodata ed ha iniziato a dormire.

Non perdiamo la speranza. Lo dobbiamo per i nostri figli.

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