Una serie di riflessioni apparse su Tempi.it in fatto di educazione, libertà educativa, parità scolastica, mi hanno suggerito un commento che è stato pubblicato sulla sezione “lettere al direttore”. Lo riporto qui sotto ⬇️

Ho letto l’articolo di Matteo Foppa Pedretti sulla scuola che scrive: «Se ci fosse qualcuno interessato a sciogliere i nodi che vi si trovano, sarei ben lieto di ragionarci insieme». Io sono interessato più che a sciogliere i nodi, ai nodi stessi! E mi pare che con questa persona potrebbero nascere dei bei ragionamenti. Per rispondere alla sua domanda: «Quanto siamo lontani noi cristiani dal sentire di aver bisogno di una cultura cristiana per cui valga la pena di fare una scuola?». Io rilancerei con una ulteriore provocazione: ma ci siamo ancora noi cristiani? O siamo per lo più dei cristianisti (cit. Brague) più attenti al corollario culturale della religione che al messaggio dirompente del Vangelo? Divisi tra i missionari dell’uguaglianza che si annacquano in un cattolicesimo adulto presto diventato adultero, e i conventuali che vorrebbero un mondo perfetto quando l’imperfezione, leggasi peccato, è parte di questo mondo? Ha ragione questo Foppa Pedretti e pure don Villa. Qua la questione è più radicale degli “schei” o della libertà scolastica, perché se non vogliamo più educare i giovani all’eroismo del Vangelo (vorrei ben sapere oggi chi educa alle virtù eroiche, e cosa ci sia di più eroico che insegnare ad un ragazzo di un Dio fattosi ultimo uomo e pure ammazzato per amore a noi, o di una donna che ha sofferto le pene dell’inferno nel vedere uno che gli hanno detto che era Dio e che poi l’hanno crocifisso, o di un Giuseppe a cui è stato detto di scappare di qua e di là per custodire una donna incinta; e via via la schiera di santi di ogni dove e ogni come sorti da duemila anni in qua, martiri per amore del prossimo e per amore del Cristo). Giusto ieri un’adolescente ha comunicato a me e mia moglie che ci ha scelti come padrini della sua Cresima. Abbiamo i brividi per tanta responsabilità. Perché proprio noi? Se l’educazione è cristiana, allora le parole di don Villa applicate alla scuola sono valide pure per la chiamata che abbiamo ricevuto. E direi di più. Siccome papa Francesco ha voluto sottolineare l’importanza dell’aggettivo “integrale” tanto per l’ecologia quanto e soprattutto per l’antropologia che ci sta nella Dottrina Sociale della Chiesa, allora ha ragione don Villa: «Col Battesimo si subisce una modifica ontologica e ci investe del compito elementare di predicare il Vangelo e di vivere su di noi – quindi di riflesso per gli altri – quanto ha dimostrato Cristo duemila anni fa!». Il compito delle scuole cristiane, in realtà di tutti i cristiani, va ben oltre quanto si pensi. Formare santi cristiani, significa educare anche buoni cittadini. Per spiegarmi meglio non trovo un’immagine più emblematica dell’affresco del Lorenzetti del bene comune o della pace contrapposto all’amor proprio e i suoi effetti. Mi vengono in mente tre giovani esemplari che hanno vissuto l’affresco del bene comune: il beato Frassati, il beato Marvelli, e il beato Livatino! Gli altri si tengano pure Fedez and company.

Il direttore risponde: Ciao Diego. Villa e Foppa Pedretti pongono sul tema della scuola una prospettiva radicale. Ci piace così tanto che stiamo preparando una sorpresa. Saprete tutto a tempo debito.

Parte dell’allegoria del buon governo. Credit: wikipedia
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