Era il 5 marzo 2021, un anno fa, e papa Francesco si recava in Iraq. Un viaggio coraggioso di un uomo anziano che andava in una terra in cui si sparava e moriva ancora. Un papa che andava a rincuorare le genti, e rinforzare la fede di un popolo lasciato alla periferia dei nostri pensieri. Eppure l’Irak, l’antica Persia, è anch’essa una di quelle terre culla della civiltà. All’Angelus di oggi il papa ha ricordato quel viaggio apostolico che Giovanni Paolo II, vent’anni prima, non riuscì a fare. Un viaggio che abbiamo dimenticato troppo in fretta. A mio modo lo ricordo con i quattro articoli (ti basterà cliccare sui titoli sotto per leggerli) che scrissi in occasione di una videoconferenza organizzata con altri amici e l’inviato di Tempi che fece un reportage molto bello e toccante. Le guerre sono alle porte d’Europa, chi pensa che non siano questioni che ci riguardano è in fallo. Ci riguardano eccome! In proposito scriverò un articolo su come la prima fase della guerra in Ucraina, quella del 2014 si fece presente nella mia quotidianità.

In questo screen ho colorato di rosso le guerre silenziate che, con intensità differenti, sono ancora presenti
Qui puoi rivedere il mio intervento e riguardare la videoconferenza

Invito: vorrei che il papa venisse tutti gli anni

Il viaggio apostolico del 5-8 marzo 2021 ci ha provocati per due motivi: il coraggio del papa che è andato in una terra in cui si spara e si muore ancora; e la forza della fede di un popolo che resiste e non perde la speranza per ristabilire la pace e la giustizia.

I cristiani in Iraq sono a rischio estinzione?

I cristiani, che sotto Saddam non erano certo cittadini a pieno titolo, con la sua destituzione hanno visto peggiorare considerevolmente la situazione. Gli attacchi terroristici del 2004 nelle chiese di Baghdad e Mosul sono solo il primo di una lunga serie, culminata con la presa di Mosul a capitale del Daesh (9-10 giugno 2014) e della Piana di Ninive.

Perché è importante parlare dell’Iraq

Più difficile da ricostruire delle mura c’è il proprio cuore. L’impressionante testimonianza che proviene da quelle terre è quella di chi afferma di aver già perdonato. Nel bel mezzo di una città con la sua identità sventrata, violentata, stuprata ci sono persone che osano affermare parole di perdono. Addirittura, sempre come racconta Grotti, si sono celebrate delle messe per pregare per gli stessi nemici il cui furore non si è spento nemmeno ora, ma sta sotto alle ceneri come le braci in attesa di ridare nuovamente fuoco.

Guardiamo il medesimo cielo e camminiamo in pace sulla terra

La via che il Cielo indica al cammino da fare insieme, ha detto, è la via della pace che inizia dalla rinuncia ad avere nemici. E parlando dei giovani ha ribadito l’urgenza di educarli a guardare le stelle, aggiungendo che si tratta di una vera e propria emergenza dopo anni in cui i loro sogni sono stati stroncati dall’inimicizia.

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