All’avvicinarsi del mio compleanno, di solito già da un mese prima, inizio a vivere emozioni contrastanti in attesa del giorno in cui faccio memoria del mio natale. Ho sempre vissuto questo giorno come una festa sacra, da gustare più degli altri, da godere in pienezza.

Emozioni contrastanti perché più si avanza con l’età e più si prende coscienza dello scorrere del tempo. Il tempo scorre veloce o lento? Domanda di tutti gli uomini, di tutti i tempi. Krónos è tiranno, non rallenta nè corre, va al suo ritmo, scorre. Non si volta indietro, il qui ed ora è già passato, è già storia. Secondo dopo secondo, attimo dopo attimo. A Krónos non interessa nemmeno lo spazio che abitiamo, lui scorre. Che ci troviamo nella condizione più lussuosa o nella miseria più miserabile, il tempo scorre. Inesorabile. Per il ricco come per il povero, per il ladro come per il giusto, per il potente come per il più schiavo le lancette battono sempre allo stesso ritmo.

La stretta connessione del tempo con il movimento e la misura è studiata da Aristotele, che fornisce una definizione divenuta celebre: «tempo è il numero del movimento secondo il prima e il poi». E poiché solo l’intelletto e l’anima sono in grado di numerare, lo Stagirita conclude che «risulta impossibile l’esistenza del tempo senza quella dell’anima»

Antiseri, Dario; Reale, Giovanni. Storia della filosofia – Volume 1: Dai presocratici ad Aristotele (Italian Edition) (posizioni nel Kindle 8616-8618). Bompiani. Edizione del Kindle.

La modernità ha avuto la pretesa di scomporre tutto, ed ha scomposto anche il tempo. E lo abbiamo scomposto così tanto da aver inventato le banche del tempo. Le nostre agende hanno sostituito i campanili, mentre le notifiche sono il nuovo rintocco che scandiscono le ore del giorno, in una frenesia senza soste.

Ci siamo convinti che il tempo sia nostro possesso. Proprietà nostra. Come i corpi, come le anime. Abbiamo inventato le app di time management, tracciamo il tempo, ci facciamo dire da Alexa cosa dobbiamo fare all’ora che la dobbiamo fare. Deleghiamo ad un artefizio aggettivato “intelligente” sempre più azioni, perché “non abbiamo tempo“; questa frase me la sento dire spesso.

Ma il fatto è sempre lo stesso: Krónos è tiranno, tempus fugit nell’era della pietra, tempus fugit per i greci antichi, tempus fugit per l’uomo moderno che pretende di possedere, che oggi pensa addirittura di determinare l’inizio e la fine della propria vita, ma non possiede nulla di più di ciò che ebbe il più antico degli uomini. Non è né più felice né più saggio, anzi, a tratti sembra pure più stupido. Siamo più efficienti, facciamo più cose, ma siamo anche molto più soli ed anonimi mentre fabbrichiamo bombe che possono eliminare ogni forma di vita terrena. All’uomo moderno che ha conquistato perfino la Luna e vuole Marte, non basta più possedere nemmeno il tempo, vuole evadere da esso, vuole entrare in una realtà parallela.

L’unico modello per valutare con successo un’epoca è domandare fino a che punto si sviluppa in essa e raggiunge un’autentica ragion d’essere la pienezza dell’esistenza umana, in accordo con il carattere peculiare e le possibilità della medesima epoca

Romano Guardini, La fine dell’epoca moderna. Il potere

Pensiamoci un attimo, gli algoritmi dei social per cosa sono studiati? Per prenderci il tempo, per farci rimanere lì, con il capo chino e lo sguardo fisso su uno schermo di pochi pollici. Presto non avremo più solo il capo chinato, ma ci verrà chiesta in prestito la vista. La chiamano realtà aumentata, come se esistesse una realtà diminuita, inferiore. È curioso come in quest’epoca senza Dio né fede in alcunché di metafisico, si consideri “aumentata” una realtà che non è fisica. L’uomo d’oggi non crede più nell’aldilà ma si fabbrica il Metaverso.

Abbiamo inventato il Metaverso, dove crediamo di trasferire la nostra dimensione materiale in un mondo parallelo, con gli alterego, ma non pensiamo abbastanza che mentre animiamo il nostro alterego ci avviciniamo inesorabilmente, senza sconti né premi, alla morte. Lì è il momento in cui Krónos ci lascia, lui va avanti, nelle ore, nei giorni, nei secoli come prima di noi anche dopo di noi. Il nostro avatar altro non è che un maledetto impostore, ladro di vita, ladro di profumi, ladro di sguardi, ladro di calore. Nella dimensione virtuale tutto è freddo, come la morte. Curiosa società, quella odierna, che considera “fanatici” coloro che credono nella vita eterna.

Siamo collegati virtualmente con persone da altre parti del mondo, e non ci accorgiamo più dell’anziano solo che muore nella porta a fianco. Finché l’odore della morte non ci risveglia dall’incantesimo e ci riporta alla realtà. E la realtà è che il tempo scorre, non possiamo dominare Krónos, ma possiamo agire sul suo incedere. Possiamo vivere per sopravvivere, possiamo vivere per accumulare, possedere, dominare su persone o cose, possiamo non-vivere. Oppure possiamo “dare la vita per l’opera di un altro“. Ma chi? Quale opera?

Per parafrasare Piergiorgio Frassati possiamo vivacchiare, oppure vivere! Per parafrasare Alberto Marvelli possiamo vivere salendo! Sapendo che, sì, non acceleriamo né fermiamo il tempo, ma abbiamo la possibilità di decidere per cosa vivere, per chi vivere. È qui che la nostra libertà, davanti alla riflessione sul tempo, viene messa all’angolo e non può fuggire dalla domanda: per che cosa vuoi vivere? Per chi vuoi vivere?

Gli avvenimenti, i dolori, le sofferenze, i sacrifici, le gioie hanno saputo insegnarmi qualche cosa, hanno accresciuto la mia fede, la speranza, la carità?

Alberto Marvelli, Diario e lettere

Penso che L’inno alla carità, letto nella prospettiva della mia riflessione, sia la risposta che la nostra personale libertà può dare, ma anche non dare, quando Krónos impone la questione. Possiamo rincorrere nei suoi mille rigagnoli la (vana)gloria, e finire in qualche cerchio dantesco dell’Inferno, oppure glorificare il tempo che ci è dato e renderlo in qualche maniera eterno. «La carità non avrà mai fine».

Il motto dell’Ordine dei Predicatori recita: “contemplari et contemplata aliis tradere“. In alcune occasioni formative sul coaching e l’intelligenza emotiva ho sentito spesso dire che le nostre emozioni sono influenzate da ciò che vediamo, ascoltiamo, leggiamo. Come il cibo che assumiamo impatta sulla nostra salute nel lungo periodo, così è per le emozioni che impattano sulla nostra visione del mondo. Estremizzo il concetto: se vediamo, ascoltiamo, leggiamo morte, noi trasmetteremo morte. Se ogni giorno leggiamo di morti e massacri, saremo istintivamente portati alla vendetta, alla reazione violenta con la violenza. La propaganda questo lo sa molto bene.

Sono stato alla mostra sull’Inferno di Dante qualche giorno fa, ed ho imparato che nel canto XXIX, l’Alighieri indugia nel passaggio tra la nona e la decima bolgia. Dante rimane a guardare i dannati e Virgilio lo rimprovera. Nella guida curata da Nembrini si spiega che “il tempo concesso non è molto, e va usato bene. Non bisogna indugiare sul male, proprio e del mondo, ma rivolgere al più presto lo sguardo altrove” (pg.70). “Contemplari et contemplata aliis tradere“. Sempre nella guida della mostra si spiega perché Dante colloca all’inferno il suo stimato maestro Brunetto Latini: “far del bene non basta“, bisogna scegliere il Bene. Ritorna l’eco dell’Inno paolino. La carità cristiana non è la filantropia stoica che caratterizza la modernità. Sono due gli insegnamenti che ho tratto: il primo è quello di non stare imbambolato a guardare il male, che è ovunque. Piuttosto di concentrarmi sul bene che si può fare, e il secondo insegnamento è fare il bene il meglio possibile: age quod agis; ed in vista di un bene più grande.

Perciò compio gli anni e dico grazie. Tutto il giorno ringrazio per il bene ricevuto. Sono grato a chi mi ha dato la vita, grato a chi ha creato la vita, grato di vivere e di godere anche questo compleanno.

[…] Ora bada: ogni sera deve costituire una esercitazione in quest’arte sublime di dare alla vita la conclusione reale che assicuri a tutto il passato un valore definitivo e un volto eterno.

Romano Guardini, Lo spirito della liturgia. I santi segni

Dedicato a tutti gli amici e alle persone che ho incrociato in questo anno

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