Il D.Lgs 81/08 e s.m.i. definisce:

  • rischio = probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente, oppure alla loro combinazione.
  • pericolo = proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente potenziale di causare danni
  • valutazione dei rischi = valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione, in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza

Le figure preposte al servizio di protezione e prevenzione devono considerare sia i fattori oggettivi di rischio, che la percezione soggettiva. Esistono tre tipologie di rischi in base alle conseguenze:

  1. rischi per la sicurezza
  2. rischi per la salute o igienico ambientali
  3. rischi trasversali o organizzativi (oggetto della tesina)

VALUTAZIONE, PERCEZIONE, COMPORTAMENTO

La valutazione del rischio è un calcolo che mette a fattore la probabilità di accadimento di un evento dannoso con la gravità del danno provocato. La formula è R (rischio) = P (probabilità di accadimento) x D (magnitudo, o gravità potenziale del danno). La percezione del rischio è una stima soggettiva della probabilità di subire un danno e dell’entità dell’eventuale danno, considerando altri parametri non matematicamente calcolabili in rapporto ad un beneficio. Il comportamento dipende dalla percezione del rischio, e non dalla sua valutazione. La situazione viene soggettivamente interpretata, in base a caratteristiche personali, culturali, di esperienza e di contesto. L’atteggiamento verso il rischio ha componenti cognitive, emotive e comportamentali.

La maggior parte degli infortuni sul lavoro avvengono per cause comportamentali e le ragioni che concorrono a determinare i comportamenti inadeguati possono ricondursi a due motivazioni principali:

  1. carenze di conoscenze
  2. carenze di motivazione

Non va sottovalutato anche l’elemento abitudinario che crea una sorta di assuefazione al rischio, aumentando una percezione soggettiva di sicurezza che inibisce una sana paura di farsi male e porta ad assumere comportamenti pericolosi per la propria salute e quella altrui.

Un simpatico video in cui si spiega la differenza tra rischio e pericolo anche se non direttamente applicato alla sicurezza sul lavoro.

MATRICE DEL RISCHIO

Anche per i rischi trasversali di natura psico-sociale, si utilizza la matrice del rischio che permette di quantificare il rischio residuo e valutare le misure di prevenzione e protezione da mettere in atto. La misura del rischio va da una scala da molto improbabile a molto probabile, e da danno lieve a danno grave. Ovviamente, più il rischio è identificato vicino all’area molto probabile – danno grave e più si dovranno adottare tutte le misure necessarie di protezione e prevenzione che vanno a mitigare se non ad eliminare il rischio residuo. L’accettabilità o meno di un rischio specifico dipende dal tipo di attività. Se per un macchinario è – per così dire – più facile identificare la misura del rischio ed adottare soluzioni conseguenti, quando si parla di stress da lavoro-correlato bisogna agire su una molteplicità e trasversalità azioni che variano dal campo organizzativo, a quello ergonomico, dal microclimatico a quello psicologico.

Per la metodologia rimando a precedenti articoli che riportano il documento attinente dell’INAIL.

Nota: questo articolo è parte della tesina che ho presentato durante la certificazione di competenze in HR Specialist. Puoi trovare l’intera tesina a questo link

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