Nell’organigramma aziendale l’RSPP, interno od esterno, è al fianco del Datore di Lavoro, del CEO o del CDA, insieme al Medico competente. Due figure fondamentali per applicare quello che il D.lgs 81/08 all’art.2 comma 1 lett. o definisce come “salute”: stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o di infermità;
Poiché lo stato di completo benessere fisico, mentale e sociale ha a che vedere (in buona parte) con l’emozione della felicità, azzardo affermare che l’RSPP ha un ruolo professionale che crea le condizioni di felicità in azienda. Non è un coach, è un tecnico, ma con l’evoluzione delle organizzazioni aziendali, la maggiore sensibilità e consapevolezza che un ambiente lavorativo sano porta benefici anche al fatturato aziendale, chi fa prevenzione sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ha un ruolo di cura preventiva – con rigore, metodo e sguardo d’insieme – di tutte quelle situazioni potenzialmente pericolose che, se avvengono, determinano situazioni di potenziale sofferenza, malattia, morte. Prevenirle non è forse creare le condizioni di felicità all’interno di un’azienda? E quindi l’RSPP non è soltanto un professionista delegato dal Datore di Lavoro per quelle mansioni delegabili ex lege, ma è una figura chiave di raccordo tra la gestione delle risorse umane e, in alcuni casi, la nuova professione che si sta diffondendo quale è lo chief happiness officer (CHO).
In sostanza, non va visto come un burocrate che entra in azienda, osserva, analizza e valuta i rischi, elabora il DVR ed il piano di miglioramento; ma all’interno di questo processo si inserisce a pieno titolo nel complesso di azioni che determinano il benessere di chi opera all’interno dell’azienda. Non tutti possono permettersi, o hanno un’organizzazione tale da avere in organico il CHO, e nemmeno il Manager HSE, nuova figura definita dalla norma UNI 11720 e i cui compiti, in parte, si sovrappongono (vedi approfondimento qui) all’RSPP che – per l’appunto – in diversi casi si trova ad assolvere compiti che riguardano sia la prevenzione dei rischi per la sicurezza, ma anche operare con maggior efficacia nella prevenzione di rischi per la salute, specie se è interno, come il burnout e lo stress da lavoro correlato.
Nota: questo articolo è parte della tesina che ho presentato durante la certificazione di competenze in HR Specialist. Puoi trovare l’intera tesina a questo link
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