Venerdì 26 febbraio si è tenuta la 6^ lezione della Scuola di Alta Formazione Politica della Fondazione Magna Carta. Relatrice, Maria Elena Cavallaro, Docente di Storia delle Relazioni Internazionali presso la Luiss Guido Carli. Ciò che segue sono gli appunti che ho preso.
La professoressa elenca i vari momenti di crisi dell’Unione Europea, che si presentano ciclicamente con una cadenza decennale.
- 1950 crisi di natura politica
- 1960 crisi di natura istituzionale
- 1970 crisi geopolitica, transatlantica
- 1980 disfacimento dell’URSS e caduta del Muro di Berlino
- 1990 Trattato di Maastricht
- 2007-2008 crisi finanziaria
- 2019-2020 pandemia Covid-19
Sotto il profilo storico, l’Unione Europea è sempre stata in crisi. Dalle crisi l’Europa si è sempre rilanciata.
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale il problema tedesco è stato centrale e la guerra fredda è stato un input per le scelte degli anni successivi. La prima tappa della federazione europea e della riconciliazione post-bellica è la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio), promossa dagli stati usciti vinti dalla guerra. La CECA doveva fungere da strumento di pacificazione post-bellica e gettava le basi comuni per uno sviluppo economico e come prima tappa per una federazione europea degli Stati. Ma gli stati si sono da subito spaccati, divisi tra vinti e vincitori, ed il primo progetto integrazionista era visto quindi come un progetto debole. La sinistra europea, ricalcando le posizioni dell’URSS ad esempio, sia per la CECA, fino alla CEE contesterà il progetto giudicandolo una “nuova forma dell’imperialismo americano“. Al contrario, gli USA consideravano la nuova organizzazione europea come premessa per un nuovo ordine internazionale basato sulla libertà di scambi e sulla stabilità monetaria avviata con gli accordi di Bretton Woods.
Tra i Paesi vincitori, la Francia aveva al suo interno gli oppositori del Partito comunista (PCF) e del Raggruppamento del popolo francese (RPF) di De Gaulle, che consideravano la CECA un attentato alla sovranità nazionale. In particolare, l’RPF temeva gli aspetti dirigisti del piano e la subordinazione dell’industria francese a quella tedesca, considerando la Germania una testa di ponte USA. Il PCF invece, la interpretava come un’aggressione all’Unione Sovietica e quindi come un tentativo americano di instaurare una propria egemonia.
In Germania, Adenauer interpretava la posizione entusiasta sebbene ci fosse il timore di non raggiungere una condizione paritaria tra vincitori e vinti. E il dibattito riguardava anche il rapporto tra integrazione sovranazionale e processo di riunificazione tedesca. Secondo la Germania l’Atlantismo non doveva essere visto come una minaccia all’indipendenza europea, ma come fonte di stabilità, ricchezza e sicurezza.
La posizione italiana, rappresentata da De Gasperi, era di entusiasmo dovuto a vari fattori.
- Ricostruzione. L’europeismo era visto come un mito di pace e come strumento per superare il nazionalismo.
- Gestione dei flussi migratori.
- Riduzione del consenso alle sinistre.
- Trasferimento del solidarismo cattolico sul piano internazionale.
Va detto che l’Europa che sorge negli anni 50 nasce da ideali e da politici di ispirazione cattolica. Ma fin dalla sua nascita non c’era una condivisione totale del progetto europeo. Tuttavia, nel 1951 – dopo un negoziato molto veloce – si creò un primo organo esecutivo con l’Alta Autorità che esercitava un potere per gestire situazioni di crisi. Composto da 9 membri con decisioni a maggioranza ponderata. Si diede vita anche all’Assemblea Parlamentare con poteri consultivi, e di censurare la Commissione europea obbligandola alle dimissioni. Era previsto un Consiglio dei Ministri con potere legislativo ed una Corte di Giustizia con potere giudiziario.
La prima crisi. 1950 – 1954
Nel giugno del 1950 la guerra di Corea apriva l’ipotesi di un nuovo conflitto su due fronti con forti conseguenze per la politica difensiva occidentale sia in USA che in Europa. Tramontò l’ipotesi di fronteggiare il nemico attraverso la sua superiorità economica. La CED, ovvero la comunità europea di difesa fu proposta il 15 settembre del 1950 a New York presso il consiglio dell’Alleanza Atlantica. Con la CED si prevedeva di istituire un Ministro europeo della difesa e un bilancio comune europeo. Ma il progetto saltò proprio su questi due punti. Adenauer era favorevole, ma la questione del riarmo della Germania trovava contraria la SPD mentre la CDU considerava il progetto CED come un esercito mercenario controllato dagli americani, considerando il militarismo legato al nazionalismo. Ricordiamo che la guerra, e la dittatura nazista, segnava ancora profonde e vive ferite nella popolazione.
Gli USA sostenevano il progetto, come l’Italia che riteneva l’unificazione dell’esercito come un aspetto per l’edificazione di una comunità politica più ampia. In quel contesto, De Gasperi avanzava anche la necessità che si giungesse alla redazione di una Costituzione Europea, il cui processo si avvia tra gli anni ’52-1954. Ma il 30 agosto del 1954 il trattato non viene ratificato e finisce il progetto federalista. Complice anche la morte di Stalin dell’anno precedente che modificava lo scenario geopolitico, e la complicazione dei Trattati che per le ratifiche prevedeva l’unanimità degli Stati membri.
Rilancio del progetto
Nascono quindi nuove idee, conseguenze di questa prima crisi politica. Con la conferenza di Messina si preferisce una creazione di un MEC (Mercato Europeo Comune) che avrebbe previsto un progetto di convertibilità monetaria; la creazione di un fondo per gli investimenti; l’energia nucleare (Euratom). Ma la conferenza di Messina non suscitò grandi aspettative con il Belgio che sosteneva il MEC, mentre Francia e Germania sostenevano l’estensione del modello CECA su progetti settoriali a partire dallo sviluppo dell’energia atomica. La Gran Bretagna era favorevole alla cornice della OECE (cooperazione economica). L’Italia si trovava favorevole ad un’autorità comune per i trasporti e per l’energia elettrica e i trasporti. Nel maggio 1956, i ministri degli Esteri hanno già redatto i progetti di CEE e Euratom. L’Euratom era visto come un aggiornamento della CECA, alla luce della crisi delle forniture petrolifere con Suez.
Nei fatti, si oscillava tra posizioni federaliste (quindi per una maggior integrazione) e posizioni confederative (in cui la sovranità nazionale è preminente). In sostanza, un Europa delle Patrie vs Europa dei cittadini. Quindi, tra il 1950 -1955 l’area centro-cattolica favorevole al progetto di integrazione europea si divideva tra confederali e federali. Una spaccatura che si istituzionalizzò negli anni fino al Trattato di Maastricht.
1964. La crisi istituzionale
La CEE e la CECA presentano i primi risultati positivi. Ma una nuova stagione di crisi si apre nel 1954 perché – dopo la firma dei Trattati di CEE e Euracom, i trattati di Roma del ’57, e il Trattato dell’Eliseo del ’63 – la Gran Bretagna iniziava ad avanzare richieste ripetutamente bloccate dal generale De Gaulle. Il generale francese vedeva nelle richieste GB un rischio di influenza americana dovuto alla speciale relazione ed alle ovvie affinità linguistiche con gli Stati Uniti. Negli anni ’60 le Istituzioni europee iniziano a prendere forza, e nel ’65 la Commissione Europea Hallstein rilancia un mutamento istituzionale in senso federale (Commissione = esecutivo comunitario; voto a maggioranza in consiglio dei Ministri). Nel giugno ’65 il generale De Gaulle ritira il suo rappresentante permanente dalla Commissione Europea fino al 1966 quando si raggiunge il compromesso di Lussemburgo con una revisione: l’autonomia della Commissione rimane immutata, e rimane il dissenso sulle procedure di voto.
Il caso che ha generato la crisi era il tentativo da parte della Commissione di approvare i provvedimenti a maggioranza. Ma se si votava a maggioranza – e non più all’unanimità – significava che anche chi votava contrariamente avrebbe dovuto adeguarsi alle decisioni prese dalla maggioranza.
Gli anni Settanta.
Nell’ottobre del 1973, si allarga l’Europa con l’ingresso di Gran Bretagna, Danimarca ed Irlanda. Per la prima volta, nonostante la crisi internazionale, l’Europa si rafforza. Negli anni Settanta si ha una crisi economica e valutaria (va in crisi il gold standard). La crisi economico-finanziaria rafforzò le valute europee e si iniziarono a collegare le economie europee per disancorarsi dal dollaro. Nel 1973, con il vertice di Copenaghen l’Europa inizia a parlare con una sola voce. Gli USA reagiscono, con Kissenger che dichiarò che la CEE si stava costruendo a scapito dell’Alleanza Atlantica. In quell’occasione il Patto Atlantico subì il punto più grave di crisi. In quegli anni nasce un nuovo progetto di Unione Europea. L’UE viene intesa come un fronte compatto in tutti i campi delle relazioni esterne, dotato di una politica economica e monetaria comune di programmi di sviluppo regionale. Con il progetto di Unione Europea si va quindi verso una maggiore integrazione degli Stati membri. Viene istituita una riunione fissa, tre volte l’anno, del Consiglio Europeo. Si raggiunse l’accordo per l’elezione diretta del Parlamento Europeo, dando quindi voce ai cittadini dell’Unione.
Nel 1977 il dollaro tornò nuovamente in crisi. L’Europa creò quindi un sistema monetario unico SME, sul modello della Bretton Woods, in cui l’economia europea si calibrava sulla forza del marco tedesco. Per la Germania, fu il momento della massima rinascita. Lo SME pose le basi per un rilancio politico ed economico della CEE negli anni Ottanta.
Gli anni Ottanta.
Gli anni 1979-1986 l’Europa approfondì il sentiero già intrapreso e si avviava al secondo allargamento. Stavolta verso i paesi del Sud Europa. Si creò anche il mercato unico VMQ – che aveva l’obiettivo di eliminare le barriere doganali interne e il completamento del mercato interno – e si risolse la questione del budget comunitario in favore della Gran Bretagna. Con l’ingresso dei paesi del sud Europa le riforme istituzionali e delle policies (PAC) necessitavano di una revisione. Il ruolo esterno della CEE aumentava e si arrivò quindi al Trattato di Maastricht del 1992. Maastricht avviò il processo verso una moneta unica europea, ma il percorso monetario ed istituzionale iniziarono anche a divaricarsi. Fu da quel contesto di divaricazione, di velocità differenti, che nacquero le forti istanze anti-europeiste. La mancata approvazione di una Costituzione europea, si arrivò ad un ulteriore momento di crisi. Con il Trattato di Lisbona la Commissione UE diventò un ente di controllo delle decisioni dei Consigli Europei. Si passò quindi da un modello federale ad uno confederale. Il cambio delle mire geostrategiche degli USA dagli anni 91 in poi, minarono anche la compattezza degli interessi di politica estera dei singoli Paesi europei. Inoltre, il peso crescente delle minoranze etniche, l’immigrazione e altri fattori come l’allargamento ad Est, riproposero una crisi dello Stato.
La lezione della professoressa si interrompe sulla soglia degli anni 2000. Tuttavia, quanto è emerso fa concludere che l’Europa vive ciclicamente delle crisi interne, sebbene i Paesi del continente abbiano sempre saputo trovare nuove soluzioni in favore di una maggiore integrazione. Un esempio può essere la reazione alla pandemia dell’Unione, in cui si è tornati a parlare della necessità di avere un bilancio comune, anche se la strada verso una effettiva unità appare lunga e tortuosa.
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