Un HRM e qualsiasi team leader deve avere una minima dimestichezza con i KPI’s, ossia l’utilizzo di indicatori chiave di prestazioni che non sono altro che delle metriche, dei valori misurabili per dimostrare il raggiungimento di determinati obiettivi. Questo approccio è stato favorito dalla decisiva digitalizzazione spinta con la pandemia che ha obbligato le aziende anche più restie a dotarsi di software e strumenti per la gestione di progetti e persone. Nell’ambito delle risorse umane, i responsabili HR possono disporre di dati personali, dati relativi a ruoli, competenze, capacità, ore lavorate ed altro, che possono offrire una visibilità a 360 gradi. Aggregando i dati a disposizione con gli indicatori (KPI’s) si possono:

  • definire obiettivi;
  • analizzare criticità;
  • apportare correttivi

La funzione principale applicata all’ufficio HR è quindi quella di comprendere se effettivamente il lavoro dei dipendenti sia allineato con gli obiettivi strategici definiti dall’impresa e, laddove non lo sono, comprenderne i motivi per poter migliorare.

UN ESEMPIO PER LA VALUTAZIONE STRESS LAVORO-CORRELATO

Per esempio, un responsabile HR potrebbe voler migliorare le performance dei dipendenti, o il clima aziendale, ed un KPI utile può essere la misurazione del tasso di turnover integrato con altri indicatori quali il tasso di assenteismo, l’indice di tempo occupato in una posizione, il costo per formazione.

I key performance indicators se in linea con la strategia aziendale, possono distinguere un’azienda di successo da una in stato di declino, in quanto in grado di comprendere le esigenze delle risorse umane e soddisfarle in modo da allineare il lavoro quotidiano con gli obiettivi del management.

PER APPROFONDIRE

Nota: questo articolo è parte della tesina che ho presentato durante la certificazione di competenze in HR Specialist. Puoi trovare l’intera tesina a questo link

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