La fede cristiana può incontrare la storicità dell’uomo odierno? Rispondo: penso che oggi non ci sia più un diffuso interesse nei confronti dell’avvenimento cristiano, anzi, è quasi un disturbo difficile da scrollarsi di dosso per la sua storia millenaria e per il suo messaggio sempre vivo. Ma disturbo al progresso rimane. Al massimo è una filosofia che va bene se piegata alla sociologia politica e alla sostenibilità ambientale applicata. Una filosofia comunque tollerata male per riprendere un’affermazione di Émile Zola: “La civiltà non raggiungerà la perfezione finché l’ultima pietra dell’ultima chiesa non sarà caduta sull’ultimo prete“. In attesa di questa perfetta civiltà assistiamo inermi al sorgere di carestie, guerre, esodi continui di profughi causati dalle “società avanzate”.
Quindi, cos’ha da dire la Pasqua all’uomo e alla società di oggi che vive come se Dio, se c’è, è un accidente dell’inconscio umano?
Dai tre semplici episodi di questi giorni che racconterò, pare non abbia granché da dire:
- Una puntata di un cartone animato
- Una recensione di un libro
- La presentazione di una laurea in filosofia
La Storia prima e dopo colazione
Ho guardato la puntata “il distintivo della storia” di Hey Duggee, cartone animato molto carino che si trova su Youtube. La voce narrante definisce la storia così: “tanto tempo fa è qualcosa che è successo un mondo di tempo prima di colazione“. L’avvento di Cristo viene qui sostituito da una tazza di latte e biscotti. È una formula inclusiva che appiattisce la storia stessa, la cancella come il gessetto sulla lavagna. L’avanti e dopo Cristo sono irrilevanti per un bambino. E si crede di fargli un favore surrogandolo con la colazione.
Péguy ci ricorderebbe che “stiamo per vedere un nuovo mondo sorgere“: la società moderna nella quale si stabilisce il “governo del partito intellettuale del mondo moderno” il quale non ha bisogno dell’avanti né del dopo Cristo. Semplicemente, non ne ha bisogno affatto. Questo mondo è già sorto ed è nel pieno del suo ciclo di maturazione.
Un mondo, una società costituirsi o, almeno, assemblarsi, ingrandirsi, dopo Gesù, senza Gesù. E ciò che è più tremendo, amico mio, non bisogna negarlo, è che ci sono riusciti
Ch. Péguy, Veronica. Dialogo della storia con l’anima carnale
Un dio inventato
Se quindi il criterio del tempo della storia che viene trasmesso alle nuove generazioni è quello di prima e dopo la colazione, non c’è da meravigliarsi se si leggono recensioni che parlano di un dio inventato e di una società fanatica in riferimento ad opere come quella di Dante. Poco importa se la Divina Commedia parla ad ogni uomo, di ogni fede, da secoli. Oggi, nell’evo (post)moderno opere come questa non hanno più alcuna legittimazione di veicolare la visione del dopo Cristo: pena lo scadimento in fanatismo.
In occasione del mio compleanno ho ricevuto in regalo “Inferno” l’opera di Dante commentata da Franco Nembrini. E nella citata recensione su Amazon si legge:
Non ho gradito la parte dei commenti dell’autore quando riporta la propria visione personale, tutta cristiana, della vita. Capisco che uno ci crede davvero ma assolutizzare il mondo su una propria verità nei commenti l’avrei evitato.
Dante sicuramente era un fervente credente e l’epoca era delle più fanatiche in questo senso, però caricare quel periodo di oculata verità mi pare eccessivo. L’inferno non può essere un concetto di giustizia ma solo l’espressione di un’idea tutta umana. Un dio che mette le anime a soffrire per l’eternità toglie “ogne speranza” e questo è inconcepibile allo stesso modo con cui il fedele non concepisce l’inesistenza del suo dio inventato.
Bisogna depurare tutto dal Cristianesimo, perfino un autore cristiano che commenta un autore cristiano di un’opera cristiana non può più trasmettere la “propria verità”. D’altronde se non esiste nessuna verità, perché dovrebbe trasmetterne una propria?
Se Dostoevskij fosse ancora in questo mondo, alla recensione probabilmente avrebbe risposto:
Se Dio non c’è, io sono un dio…Se Dio esiste, tutta la volontà è sua e al di fuori della Sua volontà io non posso far nulla. Se non esiste, tutta la volontà è mia e io ho l’obbligo di affermare il mio libero arbitrio
Dostoevskij, I Demoni
L’inferno descritto da Dante non è un’idea di qualche società fanatica di un qualche credente superstizioso, ma una straordinaria rappresentazione di ciò che spetta all’uomo nel momento in cui vuole emanciparsi dall’infinito per ridursi alla finitudine, al suo libero arbitrio. Il XX secolo non ha scritto l’Inferno, lo ha direttamente riprodotto senza nemmeno scomodare l’aldilà.
Una tradizione remota
Di recente ho ascoltato un webinar di presentazione di un corso di laurea in filosofia e mi ha incuriosito il linguaggio utilizzato dal docente che ha presentato il piano di studi: mai una volta è comparsa la parola “dio” sulle questioni fondamentali, ed in riferimento al cristianesimo delle origini si è parlato di qualcosa di “lontano ed affascinante”.
In buona sostanza Dio, se c’è, è qualcosa di remoto, che ricorda una società superstiziosa e fanatica, che ha qualche elemento di fascino, come una cattedrale visitata da turisti qualsiasi che non sanno distinguere un luogo sacro da un museo. Ma che non ha niente da aggiungere all’uomo che sa tutto grazie al motore di ricerca.
Sa talmente tutto da aver decretato la morte di Dio nel 1882 e con Darwin da ritenersi una specie di primate. Da quando il primate ha celebrato il divino funerale, il più evoluto tra le specie ha prodotto un mondo in cui si muore di fame o per inquinamento, si costruiscono bombe che possono distruggere il pianeta, e da allora sono spuntati dittatori che hanno spazzato via milioni di persone. Le altre specie, evolute o meno, non sono arrivate a minacciare così tanto la vita sulla terra.
T.S. Eliot direbbe di questa età che avanza all’indietro, progressivamente:
Gli uomini hanno abbandonato Dio non per altri dèi, dicono, ma per nessun dio; e questo non era mai accaduto prima
Che gli uomini negassero gli dèi e adorassero gli dèi, professando innanzitutto la Ragione
E poi il Denaro, il Potere, e ciò che chiamano Vita, o Razza, o Dialettica.
T. S. Eliot, Cori da “La Rocca”
Oggi, Cristo arrestato, condannato, sofferente e morto in croce, e poi risorto, è nella migliore delle ipotesi una storiella drammatica a lieto fine, e nulla di più. I mass-media si commuovono se il Papa fa tenere la croce a due donne – una ucraina e l’altra russa – ma non lasciano spazio all’indignazione se i governi gridano “pace, pace” mentre corrono a fornire armi e ancora armi. Quasi che le armi siano paragonabili ai fiori.
La nostra epoca non tollera l’insuccesso, non tollera la sconfitta e quindi è tutto un conflitto, tutta una gara di conquista. L’umanità che non ha più rapporto con ciò che la trascende, che non crede più in nulla, non può far altro che investire tutte le sue energie per conquistare il mondo fisico. Quell’uomo crocifisso è uno sconfitto. Della sua morte si sa, della sua risurrezione si dubita. Ed è tutta una rincorsa ad accaparrarsi le terre, le materie prime, le risorse energetiche, lo spazio virtuale, lo spazio extra-terrestre e (con i vari certificati digitali e la sorveglianza biometrica) anche i singoli movimenti di ciascuno. Una frenesia autodistruttiva nella quale le voci più mansuete e prudenti vengono sopraffatte dalle grida dei tanti deliri di onnipotenza.
Ho sentito una persona ripetere in più occasioni che a noi sarebbe stato insegnato che ci dobbiamo inginocchiare davanti a Dio, quando è Dio che si inginocchia davanti a noi. Comprendo il suo intento nell’affermare la bontà infinita e la misericordia divina smisurata ed immeritata, ma trovo che l’affermazione dica quello che in realtà l’umanità oggi pensa effettivamente di sé: Dio, se c’è, deve inginocchiarsi di fronte al superuomo e alla sua potenza “creatrice”. L’uomo è dio di sé stesso. Lo vediamo nelle tante dittature nate con la modernità in ogni angolo della terra: si sostituisce il divino, si ammazzano i credenti, compaiono le gigantografie del leader supremo e nessuno deve osare contraddire la sua volontà.
Dio è morto nel 1882, così dicono i variegati seguaci di Nietzsche. Scherzo del destino, ma nel 1878 è nato Stalin, nel 1889 è nato Hitler, nel 1893 è nato Mao; solo per citare tre uomini che, liberato lo spazio divino, si sono fatti dio promettendo un nuovo paradiso e hanno trasformato la terra in un inferno molto reale, visibile, concreto.
L’intera società si è affrancata dal fardello divino, in particolare con il 1968. Una società finalmente libera da ogni autoritarismo, moralismo, paternalismo. Poi è bastato un test sulla sicurezza e salta in aria un reattore nucleare (Chernobyl,1986). Poi è bastato che due aerei sfuggano ai controlli radar e cadono le torri più potenti del paese più ricco del mondo (New York, 2001). Poi è bastata una scossa di terremoto e ed ecco l’ennesimo disastro ecologico (Fukushima,2011). Poi è bastato un virus sconosciuto (?) e il mondo intero va in panico (Cina, 2019). E allora c’è chi accusa Dio, lo stesso che sarebbe morto a ridosso del ‘900, chiedendo: dove sei? E c’è chi si stupisce pure se sta in silenzio.
Se tu non parli colmerò il mio cuore del tuo silenzio e lo sopporterò. Pazientemente, a testa china, resterò muto e attenderò come la notte, in veglia stellata. Certamente il mattino verrà, svaniranno le tenebre, e la tua voce verserà per il cielo raggi dorati. Allora le tue parole prenderanno ali in canzoni da tutti i miei nidi d'uccelli; le tue melodie fioriranno in tutte le mie foreste. Tagore, Poesie. Il Giardiniere, IX
Perciò si dovrebbero rimbalzare le domande iniziali con una questione fondamentale: l’uomo d’oggi è ancora disposto ad ascoltare cos’ha da dire la passione-morte-risurrezione di Cristo?
Se sei disposto ad ascoltare, allora ti auguro davvero una buona Pasqua.
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