Negli anni 2008-2010 frequentai un biennio formativo all’impegno sociale e politico che ha determinato il mio modo di stare davanti alle questioni politiche, operare delle scelte seguendo dei criteri di giudizio e osservando la realtà con senso critico. Con le righe che seguono, inauguro una serie di articoli che riprendono appunti e dispense di quel biennio, certo che le questioni trattate oltre dieci anni fa sono più che mai attuali.
Tesi
La crisi della forma politica del vivere, la crisi del politico (C. Shmitt, Le categorie del politico, Il Mulino, BO 1972, 90), non è solo crisi dei partiti, di partecipazione, di governabilità, ma è crisi del momento propriamente politico della vita comune.
La crisi del momento politico che stiamo vivendo risulta connessa a quel fenomeno di trasformazione sociale descritto come il passaggio dalla società organica, tradizionale, caratterizzata dal generale consenso per quanto riguarda le forme simboliche di percezione del reale, alla società complessa, frammentata, scomposta in una pluralità di sistemi di scambio sociale relativamente autonomi, che si rappresentano (anche nelle forme di assetto istituzionale, basti pensare ai beni sociali: scuola, famiglia, lavoro, sanità, sicurezza…) reciprocamente sconnessi, quindi sistemi sociali parziali, autoreferenziali.
La crisi politica è crisi dell’uomo. Nella vita del singolo i singoli sistemi sono capitoli distinti. Si propone allora alla coscienza delle persone il compito di realizzare l’integrazione dei singoli capitoli entro il quadro dell’identità personale. L’identità del soggetto, al di là dei tempi, esige questa ricomposizione che è operazione di carattere simbolico, che va fatta a livello di significati, di riferimento dei singoli momenti del vivere all’orizzonte dell’intero, che è frequentemente nominato come orizzonte religioso. Ci troviamo allora di fronte ad un sovraccarico delle competenze dell’io, il quale deve integrare i diversi ambiti esistenziali e di fronte al quale compito si trova non istruito, inadeguato e soccombente. La crisi del politico diventa insieme crisi del soggetto.

Un legame oggettivo
La vita comune comporta un profilo politico come sintetico, come più pertinente per la vita sociale. Rapporto sociale è rapporto umano che fa riferimento ad un ordinamento comune, della vita comune. La vita comune, la vita sociale è vita che realizza tra quanti vi partecipano un legame (la città) oggettivo che significa determinato a monte rispetto all’iniziativa del singolo, e tale da imporsi alla coscienza del soggetto quale norma del proprio comportamento. La vita comune comporta un profilo politico come sintetico, come più pertinente per la vita sociale. L’esperienza politica, della città, della polis greca è fin dall’origine un’esperienza simbolica, che coinvolge la coscienza che il singolo ha di sé stesso. Nella filosofia greca la politica è la prima forma dell’etica, il primo orizzonte in cui viene pensato l’uomo, la prima considerazione antropologica, l’uomo è pensato per riferimento alla società. L’uomo trova la formulazione della sua prima identità all’interno del rapporto politico, che non è un rapporto materiale di scambio di beni e servizi, ma un rapporto simbolico, di scambi e di significati, in questo senso i simboli concorrono alla generazione del fenomeno politico. Le forme simboliche originarie sono quelle religiose del mito, della religione. Le forme originarie della genealogia del momento politico sono le forme della tradizione religiosa. Nella misura in cui si produce la frammentazione dell’universo sociale, la secolarizzazione, il referente comune per il quale dare figura al campo politico, questo orizzonte appare confuso, non ovvio. Non è più la tradizione religiosa che presiede al consenso politico, e chi altro se non la tradizione religiosa?
Il vivere sociale comporta l’espressione di un consenso, non tanto di ciò che conviene ai fini privati da perseguire da parte di ciascuno, ma al bene comune, a ciò che è universale, indispensabile per la vita di ogni uomo. La società complessa ha bisogno di referenti valoriali (l’unità della persona, giustizia, solidarietà,…) che non sa fondare, di cui non è capace, la cui consistenza non viene dalla pratica sociale, per cui dipende dalle forme della tradizione religiosa, non solo anche familiare. I valori comuni e i diritti soggettivi sono istanze assiologiche che non fanno riferimento alle forme oggettive dello scambio sociale, non è la pratica sociale che istituisce questi valori e diritti. [segue…]
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